Il progetto, in forma di mostra e di catalogo, vuole innescare una serie di riflessioni sulla moda contemporanea, sulle sue qualità e sui suoi attributi, attivandole da quelle Lezioni Americane di Italo Calvino, che l’autore avrebbe dovuto tenere nell’autunno del 1985 all’Università di Harvard, nell’ambito delle Charles Eliot Norton Poetry Lectures. Calvino morì improvvisamente nel settembre dello stesso anno, ma la moglie Esther decise di pubblicarne le tracce scritte. Il titolo dato dallo scrittore era Six Memos for the Next Millenium. Così Memos, parola incisiva e ampia, è titolo dell’esposizione.
La lettura di Calvino genera oggi una domanda fondamentale: può la moda, nel suo essere industria culturale, sistema di comunicazione, territorio ricco, ibrido e problematico, essere considerata pratica scientifica e poetica, e quindi naturalmente letteraria? La mostra utilizza le parole di Calvino come dispositivi per riflettere sulle trasformazioni e le permanenze della moda. Memos evoca anche le note dattiloscritte da Diana Vreeland ai tempi della sua direzione di «Vogue America». Appunti, rivolti alla redazione, che trattengono sinteticamente la rapidità immaginifica di Vreeland. Note, che funzionano come mood board fatti di parole.
Memos si propone così di costruire un “discorso sul metodo”, ovvero una riflessione sulla curatela di moda e sulla sua capacità di gestire i diversi prodotti della moda stessa: non solo gli oggetti, ma anche le immagini e le parole. Maria Luisa Frisa riflette sulla pratica del fashion curating e concepisce la mostra coinvolgendo Judith Clark per l’exhibition making e Stefano Tonchi con un progetto visuale.
Discorso sul metodo che vede come interlocutori necessari la scrittrice Chiara Valerio e la regista Roberta Torre, a cui viene chiesto di dare voce ad alcuni dei materiali in mostra. Voci autoriali che descrivono l’oggetto assecondando le rispettive immaginazioni.
La mostra è insieme opera aperta e atteggiamento scientifico e poetico, esercizio “di ricerca e di progettazione, di scoperta e invenzione.” Teatro di questo esercizio è il Museo Poldi Pezzoli: la casa-museo di via Manzoni, nel cuore del tessuto urbano di Milano, a due passi dalla Scala, e vicina alle destinazioni iconiche della moda milanese, da via Montenapoleone a via Spiga. La casa-museo nasce nella seconda metà dell’ottocento per ospitare la collezione del suo fondatore, Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Il museo è stato anche il luogo di una serie di mostre di moda, come 1922-1943: Vent’anni di moda italiana (1980) a cura di Grazietta Butazzi, che hanno guardato alla moda come campo di indagine storica, critica e curatoriale: grazie alla preziosa collaborazione del Comune di Milano – Raccolte Storiche, Costume Moda Immagine di Palazzo Morando saranno presenti in mostra alcuni abiti esposti nel 1980 in occasione della rassegna curata da Butazzi. Anche da queste considerazioni è nata la scelta di riattivare il legame tra gli spazi della casa-museo e la moda, attraverso una riflessione critica in forma di mostra.
La selezione degli oggetti: abiti, riviste ed ephemera che fanno parte delle storie della moda, e che contribuiscono ad articolare il percorso espositivo in una sequenza di memos tridimensionali, include tra gli altri abiti di GIORGIO ARMANI, J.W. ANDERSON per LOEWE, ARTHUR ARBESSER, DEMNA GVASALIA per BALENCIAGA, BOBOUTIC, RICCARDO TISCI per BURBERRY, KARL LAGERFELD per CHANEL, GABRIELE COLANGELO, MARIA GRAZIA CHIURI per DIOR, MARCO DE VINCENZO, FENDI, MARIA SOLE FERRAGAMO, PAUL ANDREW per SALVATORE FERRAGAMO, ALESSANDRO MICHELE per GUCCI, MAISON MARTIN MARGIELA, FRANCESCO RISSO per MARNI, NOIR per MONCLER GENIUS, MOSCHINO, MSGM, FAUSTO PUGLISI, PRADA, PIER PAOLO PICCIOLI per VALENTINO, GIAMBATTISTA VALLI, RANDOM IDENTITIES, VERSACE.
Il catalogo ha la dimensione di quello della collezione del Poldi Pezzoli: lo articolano immagini degli abiti e degli oggetti in mostra fotografati negli spazi del museo della coppia di fotografi Coppi Barbieri e testi di Maria Luisa Frisa, Judith Clark, Gabriele Monti, Stefano Tonchi che mettono a fuoco i riferimenti e le intenzioni del progetto Memos.
L’immagine coordinata è un progetto di Alessandro Gori.Laboratorium.
MARIA LUISA FRISA
critico e curatore, è professore ordinario all’Università Iuav di Venezia, dove dirige il corso di laurea in Design della moda e Arti Multimediali. Fra le pubblicazioni recenti: Le forme della moda (Il Mulino, 2015), Desire and Discipline: Designing Fashion at Iuav (Marsilio, 2016). Tra i lavori più recenti: la mostra e il libro Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 (Roma, MAXXI, 2014-15; Bruxelles, BOZAR, 2015; Monza, Villa Reale, 2015-16; Fort Lauderdale, NSU Art Museum, 2016) e la mostra e il libro Italiana. L’Italia vista dalla moda 1971-2001 (Milano, Palazzo Reale, 2018).
JUDITH CLARK
è curatore ed exhibition-maker. È Professor of Fashion and Museology all’University of the Arts London. Clark ha aperto la prima galleria sperimentale di moda a Londra (1997-2002). Da allora, ha curato importanti mostre di moda presso: V&A, Londra; ModeMuseum, Anversa; Boijmans van Beuningen, Rotterdam; Palazzo Pitti, Firenze; Palais de Tokyo, Parigi; Simone Handbag Museum, Seoul; La Galerie, Louis Vuitton, Paris; Cristobal Balenciaga Museum, Getaria, fra le altre. La mostra Dialogues: Lanvin 130 è attualmente in corso alla Fosun Foundation, Shanghai.