Il genio di Raffaello e il ciclo degli affreschi per la Loggia di Psiche

Costruita a partire dal 1506 dall’architetto Baldassarre Peruzzi per il ricco banchiere senese Agostino Chigi, Villa Farnesina a Roma, oggi sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei, è uno degli edifici più rappresentativi dell’architettura rinascimentale del primo Cinquecento ed è famosa per essere la prima villa nobiliare suburbana. Ad iniziare dal 1511, infatti, non appena la parte muraria venne completata, la villa venne affrescata secondo un ampio programma iconografico a cui lavorarono i più grandi artisti del periodo tra cui anche Raffaello che si trovava a Roma dove aveva aperto un’importante bottega.

All’urbinate si deve infatti la decorazione del celebre ciclo di affreschi per la Loggia di Psiche, un ambiente al piano terra, composta da cinque archi, oggi chiusi da vetrate protettive, che introduceva alla visita del giardino all’italiana, la loggia inoltre serviva anche da palcoscenico per le feste e le rappresentazioni teatrali organizzate dal ricco proprietario.

Nella loggia, un tempo aperta sul giardino, venne dipinto il ciclo con le Storie di Amore e Psiche tratte dall’Asino d’oro di Apuleio ad opera di Raffaelllo e dei suoi allievi, quali Raffaellino dal Colle, Giovan Francesco Penni e Giulio Romano. Le scene sono inserite in un intreccio di festoni vegetali opera di Giovanni da Udine e i disegni furono realizzati da Raffaello mentre la loro realizzazione fu a cura della sua scuola di artisti. Per Raffaello era consuetudine occuparsi della progettazione e del disegno per affidare in seguito l’esecuzione di un lavoro ai suoi artisti. Come nel caso dell’immagine che riproduce “Venere e Psiche“, posta sul pennacchio di una colonna, il cui disegno realizzato da Raffaello e datato 1517 è oggi conservato al Dipartimento di Arti Grafiche del Museo del Louvre di Parigi mentre l’affresco venne eseguito dall’allievo Giulio Romano.

Della decorazione della loggia infatti, tradizionalmente fatta risalire al 1518, se ne parla in una lettera datata 1° gennaio 1519 inviata da Leonardo Sellaio a Michelangelo, di cui sappiamo la grande rivalità con il Sanzio, in cui si parla dello scoprimento degli affreschi definiti “chosa vituperosa a un gran maestro; pegio assai che l’ultima Stanza del Palazo assai”.

 

 

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