Al Museo degli Innocenti “E l’altra metà serberò io”, fino al 31 gennaio

Al Museo degli Innocenti si apre oggi  la mostra dedicata ai segnali di riconoscimento dell’antico Ospedale, una selezione dei 40mila oggetti che hanno accompagnato i bambini al momento del loro ingresso in Istituto. Un patrimonio fra i più ricchi al mondo nel suo genere.

 “E l’altra metà serberò io. I segnali di riconoscimento dell’Ospedale degli Innocenti”, la mostra sui segnali di riconoscimento – i piccoli oggetti lasciati ai bambini e alle bambine al momento del loro affidamento all’Istituto, al quale erano consegnati con l’intento di assicurarne la sopravvivenza – sarà visitabile da oggi  fino al 31 gennaio 2023 all’interno della sezione storica (piano interrato) del Museo degli Innocenti di Firenze.

 

Monete e medaglie, ma anche accessori votivi, quali rosari, medagliette e croci, o di uso generico come monili, bottoni e nastri e, dall’Unità d’Italia in poi, anche immagini raffiguranti Garibaldi e Vittorio Emanuele II e nastri tricolore: quasi tutti rigorosamente spezzati, perché i segnali costituivano, fino al 1875, il solo “documento d’identità” in grado di far ricongiungere in futuro i genitori ai figli mostrando la parte mancante. L’Archivio storico degli Innocenti ne custodisce oltre 40mila, un patrimonio fra i più ricchi al mondo nel suo genere, da cui sono stati selezionati quelli in esposizione, corredati da pannelli illustrativi, rigorosi dal punto di vista scientifico ma accessibili anche al grande pubblico perché l’obiettivo dell’esposizione è la divulgazione della conoscenza di un patrimonio unico da tutelare, valorizzare e trasmettere alle nuove generazioni.

Di questi 40mila ne sono stati selezionati 71 e fra questi per la prima volta è visibile il bigliettino più antico conservato in Istituto e mai mostrato al pubblico prima, quello di Tommaso Domenico lasciato in Istituto il 21 dicembre 1449.

Il risultato è un vero e proprio viaggio nella storia dalla prospettiva unica dell’infanzia abbandonata e delle sofferenze delle madri e dei padri che hanno rinunciato a vivere la genitorialità pur di assicurare un avvenire migliore ai figli. Migliaia di storie che riemergono dall’Archivio storico grazie al lavoro paziente delle archiviste dell’Istituto che hanno fatto dialogare i segnali con le altre fonti d’archivio quali, ad esempio, i registri di Balie e Bambini, in  cui è descritto anche che cosa indossava all’arrivo ogni bambino e l’eventuale polizza di accompagnamento, un foglio che poteva avvolgere l’oggetto utilizzato come segnale e riferire informazioni come il nome o la data di nascita.

“Sono straordinariamente lieta che venga inaugurata questa mostra, in primo luogo perché questa esposizione rappresenta un vero e proprio viaggio nella storia e porta con sé un carico di emotività importante. Inoltre rappresenta un significativo momento di divulgazione che racconta l’impegno plurisecolare dell’Istituto nella tutela dell’infanzia. Infine, rientra nei nostri prossimi obiettivi dell’Istituto avviare il progetto di digitalizzazione dei segnali e del materiale documentale per poterli rendere in futuro consultabili e diffondendone così la conoscenza” dichiara Maria Grazia Giuffrida, Presidente dell’Istituto degli Innocenti.

“Questa esposizione mostra alla città la storia dell’Istituto degli Innocenti – ha detto l’assessore a Welfare Sara Funaro -, offrendo l’opportunità di vedere e conoscere gli oggetti lasciati ai piccoli quando furono affidati all’Istituto, che è una delle eccellenze di Firenze nell’accoglienza di donne e bambini. La storia degli Innocenti ha un enorme valore, così come il suo presente ed è molto importante che sia conosciuta dai fiorentini e non solo”.

Il numero più cospicuo di segnali conservati risale all’inizio dell’800, presumibilmente per effetto del riordino dello Scrittoio delle Creature del 1827, quando questi furono avvolti in carte contrassegnate col numero d’ingresso del bambino e archiviati in scatoline di legno distinte per anno e mese. Ma i primi sono documentati già nei registri quattrocenteschi, annotati e riposti nella stanza del camarlingo. E’ da lì che inizia anche il percorso espositivo, dando voce alla storia di Tommaso Domenico, abbandonato agli Innocenti il 21 dicembre 1449 con un bigliettino che lo dichiarava figiluolo di monna Domenica e la richiesta di battezzarlo con il nome di Tommaso, la più antica polizza finora rintracciata nell’Archivio storico.

Uno dei più antichi segnali custoditi dall’Istituto, invece, è quello della piccola Riccarda, una bambina di circa un anno, consegnata agli Innocenti da una serva della Compagnia del Bigallo il 6 febbraio 1771 in base ad un accordo stipulato fra i due enti per cui il brefotrofio degli Innocenti era responsabile dei gettatelli inferiori ai tre anni. Aveva indosso una medaglia dei Re Magi, un breve della Marca ricamato e una polizza che avvolgeva mezza moneta (il segnale). Dalla fine del ‘700 ma soprattutto con gli inizi del secolo successivo aumenta la varietà degli oggetti: a monete e accessori votivi, si aggiungono anche gli oggetti quotidiani o tipici dell’epoca. Nelle credenze religiose e popolari molti questi oggetti erano ritenuti benefici e dalle proprietà “magiche”: quelli devozionali, ma anche i nastri e i coralli, i monili e tutto ciò che brillava avrebbero protetto il bambino dai pericoli e dal malocchio.

Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia,  furono ben 1.477 i segnali lasciati a oltre metà degli accolti, probabili figli legittimi che potevano essere ripresi dalle famiglie. Fra gli oggetti si affacciano anche nuove istanze, con medaglie raffiguranti Garibaldi, Vittorio Emanuele II o Napoleone III. Il tricolore tinge nastri e nastrini e varie polizze chiedono di attribuire ai bambini nomi evocativi come Italia, Cammillo, Garibaldo o Vittorio Emanuelle. Fra questi anche il segnale della piccola Tecla, giunta agli Innocenti il 24 luglio 1861 con indosso la metà diagonale di una medaglina d’argento con l’effigie di Garibaldi.

L’uso dei segnali diminuisce con la chiusura della Finestra ferrata (30 giugno 1875) e l’apertura dell’Ufficio di consegna per l’accoglienza dei bambini illegittimi, che inaugura nuove procedure amministrative per il loro riconoscimento con sentenza del Tribunale. La consuetudine di lasciare i neonati con un oggetto è, però, talmente radicata da sopravvivere ben oltre il Novecento. Benché ormai superflui per il riconoscimento, i segnali novecenteschi comprendono ancora oggetti spezzati, anche se il loro valore è esclusivamente affettivo e simbolico. Come quelli che portava con sé la piccola Flora, consegnata neonata agli Innocenti nell’aprile 1901, mezza croce di carta dorata, di cui la madre conservò l’altra metà, e una poesia colma di tenerezza, A te o Flora, entrambi conservati dall’Ospedale, nonostante i segnali non fossero più prova per il riconoscimento.

La storia di ogni bambino è ricostruibile partendo dai suoi dati nei registri di Balie e Bambini, dove è descritto cosa indossava all’arrivo: gli indumenti, il segnale e l’eventuale polizza di accompagnamento. Le polizze, a loro volta, erano conservate nelle filze, raccolte di carte infilate con lo spago e un tempo dette Polizze di bambini.  Durante la crescita del piccolo erano poi documentati tutti quei fatti che richiedevano un intervento da parte dell’Amministrazione o di altre autorità, attestati nella corrispondenza raccolta in Affari per Creature.  Una storia può, infine, arricchirsi consultando i Registri di battesimo dell’Ospedale oppure i Libri dei morti, che annotavano i decessi degli accolti, o ancora i Libri del baliatico e quelli de’ popoli per informazioni sulle balie. E’ così che stata ricostruita anche la storia del piccolo Gastone, un neonato di due giorni giunto all’Ufficio di consegna il 17 agosto 1886, che aveva per segno la metà superiore di una medaglia di stagno infilata innastro di seta celeste. Nato da genitori incogniti, era accompagnato da una levatrice di Figline coi documenti ormai necessari per accedere al brefotrofio: l’atto di nascita registrato dall’Ufficio di Stato Civile e una fede di battesimo che riferiva il nome Gastone. Per l’allattamento il piccolo fu affidato alla balia Ester, nel Mugello, mentre per lo svezzamento fu assegnato alle cure di Maria con cui rimase circa sei anni. Nel 1905, per motivi non documentati, fu richiamato agli Innocenti in attesa di una nuova sistemazione.

E l’altra metà serberò io. I segnali di riconoscimento dell’Ospedale degli Innocenti è anche una mostra pensata per i bambini con tanto di spazio dedicato ai più piccoli in cui, attraverso la proiezione di slide animate, prenderà forma e parola Tino il Nocentino, uno dei protagonisti di Le moneta spezzata: una storia di Tino il Nocentino, la pubblicazione in italiano e in inglese (con illustrazioni di Simone Frasca e testi di Sara Marconi) pensata appositamente per accompagnare la visita dei più piccoli e realizzata grazie al sostegno della Fondazione Istituto degli Innocenti Ets.

Le slide animate sono ispirate alla storia raccontata nella pubblicazione che prende spunto dal ritrovamento casuale di una moneta spezzata in un armadio da parte di Anna e Martino, due fratellini che subito corrono dalla nonna per chiedere informazioni. Parte da qui il viaggio a ritroso nel tempo nella storia degli Innocenti, raccontata a misura di bambino, con Tino il Nocentino, un bambino che è stato accolto nell’antico Ospedale, che funge da voce narrante insieme alla nonna.

La mostra è il risultato dalla proficua collaborazione interdisciplinare tra Archivio storico e Museo degli Innocenti e ha coinvolto le diverse professionalità dell’Istituto.

 

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