Visita in anteprima al Nuovo Museo dell’Opera del Duomo. Il 29 ottobre l’apertura al pubblico

E’ in resina e polvere di marmo, nelle nicchie sono stati sistemati gli originali delle statue di Arnolfo di Cambio, Donatello, Nanni di Banco scolpite nel Trecento e primo Quattrocento per la facciata del Duomo di Firenze. E’ un’emozione grandissima, l’antica facciata del Duomo realizzata  da Arnolfo di Cambio a partire dal 1296, mai finita e  distrutta nel 1587, è stata ricostruita in scala 1:1 sulla base di un disegno cinquecentesco ed occupa tutto un lato della grande sala a lei dedicata, di fronte, in sublime dialogo la Porta del Paradiso e la Porta Nord del Battistero, in futuro  verrà collocata anche la porta Sud di Andrea Pisano, nella sala adiacente la “Maddalena penitente” di Donatello e poi il raccoglimento è d’obbligo per  la Pietà “Bandini” di Michelangelo che torna protagonista grazie a un allestimento che permette di goderne in pieno la grandezza di opera incompiuta e violata. Ancora qualche ultimo ritocco nell’allestimento, le didascalie delle opere mancanti, la guida al museo licenziata proprio stamattina, tutto sarà pronto per il 29 ottobre giorno di apertura al pubblico del Nuovo Museo dell’Opera dell’Uomo. Stamattina la conferenza stampa di presentazione alla presenza di Franco Lucchesi Presidente dell’Opera del Duomo di Firenze, Timothy Verdon direttore del Museo e autore del progetto museo logico  e di Adolfo Natalini che insieme agli architetti Magni e Giucciardini ne ha curato il progetto architettonico. Un investimento di 45 milioni di euro da parte dell’Opera di Santa Maria del Fiore, una superficie espositiva che passa dai precedenti 2.500 metri quadri ai 6.000, grazie all’unione con l’ex Teatro degli Intrepidi, negli ultimi anni locale adibito alla funzione di garage per le auto, per un totale di 25 sale su tre piani. “ Si tratta dell’ultima tappa di un cammino che si è arricchito nel corso dei secoli – ha detto Franco Lucchesi – da quel 3 maggio del 1891 per dare collocazione alle cantorie smantellate nel  Settecento poi fino all’ultimo intervento, abbiamo cercato il senso dell’unità rispetto agli elementi difformi, dando riconoscimento al lavoro svolto da Luigi Zangheri e David Palterer e al consiglio che ci ha preceduto che ha raccolto le risorse per l’acquisizione del Teatro degli intrepidi. Il Nuovo Museo, non è un museo tradizionale,  è in linea con la missione dell’Opera che ha come principi innovare, valorizzare, educare. Questi ambienti ci introducono a un racconto,un grande film che ha per attori Donatello, Michelangelo, Arnolfo di Cambio, e tutti gli altri, una storia per immagini, una stagione che ha segnato il cammino. Tra una settimana saremo aperti a tutto il mondo, un evento culturale internazionale, una perla in più nel collier delle opere fiorentine, una grande novità che non potrà non lasciare il segno”.  Un Museo nuovo a tutti gli effetti, oltre duecento opere visibili al pubblico dopo il restauro in tre anni di interventi, una collezione accresciuta, dai magazzini del museo alcune opere mia esposte, ma che meritavano di esserlo, sono state recuperate come 5 bellissimi rilievi di Girolamo Ticciati e due dipinti del Cinquecento, creduti dispersi  di Giovanni Balducci. “ L’elemento commovente – dice Timothy Verdon – è la spazialità, la maggior parte della collezione è composta da opere monumentali da esterno, il modo in cui prima erano esposte era umiliante, sembravano imprigionate, ora gli spazi sono monumentali adeguati alle opere. Riattivato anche il dialogo tra l’antico e il Medioevo, il primo Rinascimento e l’Alto Rinascimento e un modo intelligente per condurre il visitatore attraverso chiavi di lettura,  con pannelli e filmati, lontano da quel turismo globalizzato ormai invadente. Con gli architetti abbiamo avuto un rapporto di ascolto e talvolta anche di correzione e loro hanno trovato soluzioni emozionanti. Lo spettacolo del bello al servizio del sacro”. “ E’ stata un’esperienza straordinaria – ha detto Adolfo Natalini – ho progettato altri musei con Magni e Guicciardini – tutte le parti che hanno curato l’architettura e l’allestimento hanno coinciso come se tutto fosse stato fatto insieme. Un’opera d’arte collettiva. La stessa cura e la passione da parte di tutti, spero che questa passione si possa percepire anche da chi visiterà il museo. Un lavoro iniziato circa quindici anni fa, lo affidiamo alla città e la mondo con l’augurio che possiate amarlo come abbiamo fatto noi con il nostro lavoro”.

 

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