Spagna e Italia in dialogo nell’Europa del Cinquecento: una mostra agli Uffizi

Alonso Berruguete, Pedro Machuca, Bartolome Ordonez e Diego de Siloe furono definiti Aguilas del Renacimiento Español per le straordinarie capacità che dimostrarono e che erano il frutto dei loro prolungati soggiorni di studio in Italia. La mostra dal titolo “Spagna e Italia in dialogo nell’Europa del Cinquecento: una mostra per indagare su contatti, rapporti, confronti” aperta al pubblico degli Uffizi da ieri nelle nuove sale dell’Aula Magliabechiana espone fogli di straordinaria qualità, attribuiti con certezza a maestri come, Alonso Berruguete, formatosi fra Firenze e Roma e uno dei primi testimoni di un linguaggio ‘rinascimentale’ a ovest dei Pirenei, o come Romolo Cincinnato e Pompeo Leoni, due degli artisti chiamati a lavorare in Spagna nei più prestigiosi cantieri reali e include inoltre disegni di Francisco Pacheco, Patricio e Eugenio Cajés, Vicente Carducho, protagonisti della stagione che conclude il Cinquecento in Spagna.

Si tratta delle carte più belle e significative del corposo nucleo grafico spagnolo custodito nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, per la maggior parte risalente alla donazione di Emilio Santarelli (1866) ma avviato fin dalla fine del Settecento, insieme a prestiti provenienti da altri musei e biblioteche ed è legata alla mostra che si è svolta due anni fa alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando a Madrid dal titolo “I segni nel tempo. Dibujos españoles de los Uffizi curata da Benito Navarrete Prieto con la collaborazione di Roberto Alonso Moral che in un certo senso ne rappresentava la premessa.

“Attorno al sedicesimo secolo – ha affermato Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi – le tendenze politiche e intellettuali dei regni spagnoli e dei territori italiani andarono avvicinandosi, con la conseguenza di continue e inattese sovrapposizioni, dal pontificato di papa Alessandro VI Borgia alla conquista dei domini napoletani, dall’annessione del ducato di Milano all’affermazione stabile dell’influenza spagnola sulla penisola italiana”: una simile situazione portò anche a più stretti legami in ambito culturale, favoriti inoltre dalle rotte commerciali che collegavano stabilmente ormai le diverse sponde del Mediterraneo.”

“Ogni artista e le sue opere sono infatti sempre il frutto di un’ininterrotta circolazione di idee e di forme – dice Marzia Faietti, direttrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi e curatrice, con Corinna Gallori e Tommaso Mozzati, della mostra – e quindi scrivere sul disegno in Spagna, come su quello praticato in Italia o ovunque, significa ampliare costantemente gli orizzonti di ricerca giungendo a sfiorare il punto di rottura della nozione di scuola senza tuttavia rinunciare al recupero filologico del tessuto artistico di un luogo e all’analisi della trasmissione del sapere nelle diverse botteghe”.

La mostra si articola in una premessa e otto sezioni e per ricollocare le singole creazioni grafiche nel loro contesto di provenienza, il percorso include anche sculture, dipinti, esempi di oreficeria e arti applicate, con l’intento di suggerire utili confronti ispirati a uno sguardo multidisciplinare, assunto come principio ordinatore.Nella premessa si mette a fuoco la situazione artistica della Spagna fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, prima della formazione sul trono di Castiglia e di Aragona della dinastia asburgica.

La prima sezione presenta la produzione di quei pittori o scultori educatisi in Italia fra gli anni Dieci e Trenta del Cinquecento, da Berruguete a Bartolomé Ordóñez, fino a Gaspar Becerra; la seconda offre il confronto fra la figura umana e la rappresentazione del nudo di questi artisti e l’arte e la trattatistica italiana.
La terza sezione pone l’attenzione sull’importanza della pittura tosco-romana per la produzione spagnola attorno agli anni Quaranta-Cinquanta, grazie a opere di Luis de Vargas e Luis de Morales accostate a fogli attribuiti a Sebastiano del Piombo e di Giorgio Vasari.

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