Cappelle Medicee, conclusi i restauri della Sagrestia Nuova con la tecnica della biopulitura

E’ un team tutto al femminile che ha da poco concluso un’impresa d’eccezione nel campo del restauro. E’ terminata infatti la campagna dei restauri nella Sagrestia Nuova delle Cappelle Medicee iniziata nel 2013 con il restauro delle pareti e che è terminata alla fine del 2020 con la pulitura delle tombe e delle statue di Giuliano Duca di Nemours e di Lorenzo Duca d’Urbino. Un lavoro complesso che ha permesso il recupero dei cromatismi delle pareti della Sagrestia Nuova e di approfondire le conoscenze tecniche che permetto di capire il metodo di Michelangelo per la realizzazione dell’insieme e nel quale è stata utilizzata una innovativa tecnica di biopulitura messa a punto dall’ENEA, che usa colonie di batteri per la pulitura e per la prima volta utilizzate sui sarcofagi e su parte delle sculture dei due monumenti funebri.

Sotto la guida di Monica Bietti, già responsabile del Museo delle Cappelle Medicee d’intesa con Paola D’Agostino, direttore dei Musei del Bargello, di cui le Cappelle Medicee fanno parte, hanno lavorato le restauratrici Daniela Manna e Marina Vincenti, con la collaborazione di Donata Magrini, Barbara Salvadori e Silvia Vettori e le ricercatrici dell’Istitituto di Scienza del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche Anna Rosa Sprocati e Chiara Alisi dell’ENEA. Il restauro dei paramenti marmorei è iniziato nel 2013 ma i lavori più impegnativi si sono svolti tra il 2016 e il 2020 grazie ai fondi derivati dall’autonomia dei Musei a seguito della riforma del Ministero del 2014, tra il 2018 e il 2019 una partneship con IGT ha permesso il co-finanziamento di parte della spolveratura e restauro e della nuova illuminazione della Sagrestia Nuova. Anche le sculture erano e coperte da depositi e macchiate da sostanze usate per proteggerle dai calchi effettuati dal Cinquecento fino all’Ottocento. La campagna fotografica a luce visibile  che ha preceduto la progettazione del restauro è stata condotta da Antonio Quattrone e tra il 2019 e il 2020 indagini fotografiche a fluorescenza indotta da luce ultravioletta e con luci infrarosse sono state eseguite da Andrea Rossi, queste indagini hanno accertato lo stato conservativo delle sculture e hanno permesso la scelta delle metodologie più adatte all’intervento.

Il sarcofago di Lorenzo Duca di Urbino era alterato da macchie di colore scuro estese lungo tutto il basamento, identificate dalle analisi come ossalati e materiali organici e ricondotte a liquidi organici che avrebbero provocato le macchie sul sarcofago. Alessandro de’ Medici, figlio di Lorenzo duca d’Urbino, assassinato, venne sepolto senza essere eviscerato, come si usava per la dinastia medicea. Per l’eliminazione delle macchie e di altre di varia origine sono stati individuati dei ceppi batterici in grado di rimuovere selettivamente questi depositi, senza danneggiare il marmo. I ceppi batterici usati per la biopulitura del sarcofago sono stati i seguenti : Serratia ficaria SH7, Pseudomonas stutzeri CONC11 e Rhodococcus sp Z-CONT. Batteri molto “affamati” che hanno rimosso i substrati organici e che hanno reso più efficace il trattamento di pulitura.

Paola D’Agostino, Direttore dei Musei del Bargello ha dichiarato che “Il progetto di restauro conservativo e di manutenzione che negli ultimi cinque anni e in fasi successive ha visto il coinvolgimento di diverse professionalità e di istituti di eccellenza della ricerca e innovazione scientifica italiana permette ora di ammirare i capolavori fiorentini di Michelangelo, con una nuova consapevolezza della fase delicatissima di scelta e lavorazione dei marmi. Desidero ringraziare la dottoressa Monica Bietti, le colleghe dell’Enea e del CNR, e le abili restauratrici che per mesi hanno lavorato a questo delicato restauro sperimentale. L’autonomia dei musei, voluta dall’Onorevole Ministro Dario Franceschini, ha permesso anche di finanziare, con fondi propri, progetti di tutela, di ricerca e di alto profilo scientifico, come quello conclusosi negli ultimi mesi. Desidero inoltre esprimere la mia più sentita gratitudine all’architetto Maria Cristina Valenti, alla dottoressa Francesca De Luca e a tutto il personale che presta servizio al Museo delle Cappelle Medicee per avere seguito questo progetto e aver sempre favorito il lavoro di tutte le professioniste, anche nei durissimi mesi dell’emergenza sanitaria che ha scandito il 2020 e l’inizio del 2021”.

Come ha spiegato Monica Bietti, storica dell’arte ed ex responsabile del Museo delle Cappelle Medicee La Sagrestia è un luogo dove all’apparenza tutto sembra perfetto: e invece le vicende di questo spazio narrano di un susseguirsi di difficoltà e abbandoni, di oblio e rinascita.  Una storia vissuta come se quei marmi non fossero pietre, ma cose vive. Il restauro di uno dei luoghi simbolo dell’arte presuppone conoscenza, esperienza, metodo e scienza unite a doti di sensibilità, intelligenza e apertura al confronto. Per questo il lavoro fin dall’inizio è stato testato e poi sottoposto a costanti verifiche ottiche, metodologiche e scientifiche. Il lavoro di restauro delle pareti ha permesso di approfondire le conoscenze tecniche sul modo di costruire o meglio sovrapporre le lastre marmoree e sulla maniera di eseguire le decorazioni figurative, vegetali e modulari, un vero e proprio esercizio che permette di distinguere le mani dei collaboratori di Michelangelo, documentati in questa impresa. Così come si comprende molto bene che dal blocco in marmo scelto da Michelangelo per ciascuna figura, egli con il metodo del “levare”, partendo da un modello in terra a grandezza naturale, trova la forma, arrivando alla finitura tramite l’uso di diversi tipi di attrezzi. Lo stato di finitura delle sculture varia a seconda dei personaggi e anche in relazione alla loro collocazione e al rapporto con la fonte di luce. E questa è una novità e una scoperta resa possibile dal restauro”.

A conclusione dell’intervento di restauro delle sculture e dei paramenti lapidei possiamo affermare che all’interno della Sagrestia nuova si è conservata, nei secoli, l’integrità materica di queste opere patrimonio dell’umanità – ha commentato la restauratrice Marina Vincenti -. Dopo la pulitura possiamo nuovamente godere dell’eccezionale uso della tecnica scultorea da parte di Michelangelo: espressione del suo intimo rapporto con il marmo e della sua capacità di trasformarlo in luce. Il cambio costante della tessitura dei segni lasciati dagli strumenti di lavorazione utilizzati rende vivo e palpitante il contenuto simbolico e spirituale dell’uomo chiamato a dare forma al trascorrere del tempo“.

La Sagrestia Nuova è un vero scrigno dove architettura e scultura unificano le emozioni – ha dichiarato la restauratrice Daniela MannaI lunghi restauri, svolti nel corso di sette anni, hanno seguito una metodologia lenta, rispettosa, a volte sofferta per le condizioni ambientali del luogo, ma partendo dalle pareti hanno preparato la giusta scenografia per affrontare i restauri delle sculture del grande Michelangelo. Concreta aspirazione sarebbe quella di completare i restauri di tutti gli elementi architettonici del secondo livello per monitorare e unificare la visione d’insieme”.

Come illustrato da Silvia Vettori ricercatrice di ISPC-CNRIl progetto diagnostico ha previsto l’impiego congiunto di metodologie non-invasive, applicate in situ, e micro-invasive, in laboratorio – ha spiegato. Le indagini hanno permesso di caratterizzare i materiali di deposito e le macchie presenti sulle superfici lapidee, come fosfati, ossalati e materiale proteico, comprendendo le problematiche legate allo stato di conservazione, e di valutare l’effetto generale delle operazioni di pulitura che si sono rivelate efficaci ma pur sempre prudenti e rispettose”.

Anna Rosa Sprocati, ricercatrice di ENEA ha inoltre aggiunto che “La selettività, la gradualità e il rispetto della materia sono qualità necessarie per una pulitura corretta. La biopulitura eseguita nel restauro delle opere di Michelangelo ha risposto a queste necessità. I batteri utilizzati sono spontanei e innocui e sono stati scelti tra un’ampia collezione di laboratorio per essere in grado di metabolizzare selettivamente i depositi coerenti identificati in precedenza dalle indagini chimiche, senza spingere oltre la loro azione. Proponiamo l’esperienza armonica condotta nella Sagrestia Nuova di Michelangelo come modello di restauro innovativo e sostenibile, che fonde storia dell’arte, restauro e scienza”.

 

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