Torna a splendere il Codice Purpureus Rossanensis, Patrimonio dell’Umanità

Per la sua importanza nel 2015 è stato riconosciuto dall’Unesco, Patrimonio dell’Umanità, il Codex Purpureus Rossanensis, opera bizantina del VI secolo dopo cristo, dopo quattro anni di approfondite analisi e studi per il suo restauro e la conservazione a cura dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e librario del Ministero dei Beni Culturali ha fatto il suo ritorno al Museo Diocesano di Arte Sacra dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati in un’ area dedicata e concepita per permettere ai visitatori di ammirare l’antico manoscritto e le splendide miniature. Nei giorni scorsi l’inaugurazione alla presenza di S.E. Rev.ma Mons. Giuseppe Satriano Arcivescovo di Rossano-Cariati.

Lo straordinario manoscritto con la particolare colorazione porpora delle carte, importante sia dal punto di vista religioso che della manifattura, è composto da 188 fogli di pergamena della dimensione di 31 X 26 cm  numerati e con la scrittura in onciale in oro, argento e inchiostri neri, contiene l’intero Vangelo di Matteo, parte del Vangelo di Marco, mentre sono andati perduti i Vangeli di Luca e Giovanni. Dal punto di vista della decorazione miniata tredici miniature sono dedicate alla vita di Cristo, una ai quattro evangelisti, parte della Lettera di Eusebio a Carpiano è racchiusa in una decorazione aurea e contiene una miniatura di Marco evangelista con la Sofia. Pur essendo mancante di molte pagine, il Codice Rossanensis è il più prezioso dei codici onciali dell’antichità ed è l’unico rilegato.

Studiato sin dalla fine dell’800, venne fotografato agli inizi del ‘900 documentandone così lo stato di conservazione, negli anni Venti venne restaurato da Nestore Leoni, miniaturista di fama che consolidò e stirò le pergamene con una gelatina a caldo. Un procedimento che purtroppo modificò in maniera irreversibile l’aspetto delle pagine miniate eccetto per la carta contenente la miniatura di Marco Evangelista con Sofia, l’unica risparmiata che permette quindi un confronto immediato per come doveva essere in origine il manoscritto.

Questo ha permesso, a distanza di sedici secoli a studiosi di diverse discipline di analizzare la tecnica di esecuzione e i materiali usati per la miniatura che ci appare oggi come quando fu realizzata. Il complesso restauro si è svolto sotto la guida della direttrice dell’ ICRCPAL Maria Letizia Sebastiani e dell’ex direttrice dell’istituto Maria Cristina Misiti, affidato alla responsabile del laboratorio di restauro Lucilla Nuccetelli e alla restauratrice Maria Luisa Riccardi.  Secondo le analisi, per ottenere il caratteristico colore purpureo le pergamene sarebbero state trattate con l’oricello, un colorante di origine vegetale, inoltre sarebbe stata usata anche la lacca di sambuco. Molti i colori della tavolozza, bianco, nero, rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco, viola, rosa, malva, oro, oro puro e argento per la scrittura dei Vangeli e inchiostro nero per i titoli, per l’intero codice è stata utilizzata  la stessa tavolozza  e l’assenza della preparazione conferma l’origine bizantina del codice.

Dall’analisi delle pergamene viene attribuito al codice un formato originale  pari a 32X27 cm che negli anni avrebbe subito delle rifilature riducendone le dimensioni, mentre il manoscritto sarebbe stato realizzato in un laboratorio artigiano di grande livello e competenza tecnica in grado di affrontare tutte le fasi di lavorazione, prima di procedere alla scrittura del testo il copista doveva eseguire le operazioni di foratura e rigatura per delimitare lo specchio della scrittura. Tutte le analisi microbiologiche ed entomologiche confermano che non ci sono attacchi di nessuna natura e che la sua fragilità è dovuta esclusivamente all’invecchiamento naturale, ad un probabile incendio avvenuto nel luogo di conservazione e al pesante restauro di Nestore Leoni. Per quanto riguarda la legatura è probabile che in origine fosse su assi lignee squadrate, con una coperta di cuoio o seta, decorata  e con fermagli di chiusura, mentre la cucitura dei fascicoli realizzata a catenelle.

Per motivi di carattere storico e di sicurezza il codice è stato dotato di una legatura conservativa in grado di consentire una semplice scucitura dei fascicoli nel caso fosse necessario. In sintesi un restauro rispettoso dell’equilibro di un’opera così preziosa e importante che ha l’obiettivo di tramandarla il più possibile alle nuove generazioni.

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