Riccardo Guarneri, personale alla Galerie 21 con opere dagli anni ’70 fino ad oggi, fino al 5 gennaio

Dopo la personale dedicata all’artista fiorentino nel gennaio 2015, la Galerie21 rende omaggio a Riccardo Guarneri , reduce dal successo della Biennale Veneziana, con una personale che rimarrà aperta al pubblico fino al 5 gennaio e che alterna alcuni tra i principali lavori degli anni Settanta come “Hard Edge”, datata 1970, la prima opera nella quale Guarneri sperimenta l’utilizzo degli angoli retti ed acuti,  o “Rettangoli” che ruotano attorno al quadrato, del 1971, a lavori della recentissima produzione, affidando la cura del testo critico all’artista livornese CCH che vi proponiamo di seguito.

“Egli danza… egli danza!” Così risponde Orson Welles in “Ricotta”, di Pierpaolo Pasolini, al giornalista che chiede un giudizio su Federico Fellini; e così risponderei a chi mi chiedesse di Riccardo Guarneri, perché la pittura del maestro fiorentino è qualcosa che sta tra la danza ed il volo, leggiadro e raffinato come quello del più elegante degli uccelli. Nasce musicista Guarneri, jazzista per l’esattezza, e quelle musicalità sono rimaste nelle sue mani, passando dalla chitarra e dal basso agli strumenti del dipingere. Come note, corrono nell’aria i suoi colori e le sue forme, si librano innanzi allo spettatore, trascorrendo nello spazio che le accoglie, pronte a svanire come un’improvvisazione abbozzata, quasi sussurrata. Sospesi tra l’essere e il nulla, i ritmi geometrici dei suoi lavori nascono dalla luce; sono dipinti nella luce: sono essi stessi luce. Una luce che tutto assorbe e dilata, che ovatta e cela; una luce spirituale e mistica, poetica e magnetica, che rende i colori simili a ricordi di colori, che affiorano senza mai ostentarsi, anche se quei cromatismi sarebbero quelli della natura, dei cieli, delle terre, delle piante, che vivono nei pigmenti dell’artista fiorentino come vivevano negli affreschi dei grandi maestri suoi concittadini del Tre e del Quattrocento. Ma la pittura di Guarneri non sembra nascere “per forza di mettere”, come scrisse Giorgio Vasari, ma quasi per sottrazione, “per forza di levare”; e questo nonostante oggi, nei più recenti lavori, cromatismi e forme abbiano preso corpo e forza rispetto alle diafane e quasi abbacinanti tele degli anni Settanta, dove il senso di assenza e di sospensione erano talora portati sul limite estremo del nulla assoluto. Oggi c’è come una rinnovata gioia di vivere e di operare nelle sue tele, più piene, più ritmiche, più danzanti, come se Guarneri stesse vivendo una nuova e più felice giovinezza; come se Guarneri iniziasse adesso il suo cammino, senza dimenticare i sessant’anni di pittura alle spalle, ma con la freschezza e l’entusiasmo dei tempi in cui il jazzista trasferiva per la prima volta la sua musica dallo spazio alla tela.CCH

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