Alla Galleria dell’Accademia la prima monografica di Giovanni dal Ponte

La prima notizia documentaria è l’iscrizione all’Arte dei medici e speziali che risale al 4 marzo 1410, a quel tempo Giovanni di Marco che aveva venticinque anni, figlio di Marco di Giovanni, era già un  pittore formato e autonomo, ma sarà l’anonimo Magliabechiano nel 1540  a parlare di “Giovanni pittore fiorentino che stava da Santo Stefano a Ponte et per tale cagione era chiamato Giovannino da Santo Stefano”, infine nel 1878 sarà il Milanesi a ricondurre l’identità anagrafica di Giovanni dal Ponte nel pittore fiorentino Giovanni di Marco nato all’incirca nel 1385 e scomparso intorno al 1437/8. Si è aperta  al pubblico alla Galleria dell’Accademia di Firenze  la prima mostra monografica mai realizzata sull’opera artistica di Giovanni dal Ponte “Protagonista dell’umanesimo tardogotico fiorentino” a cura di Angelo Tartuferi e Lorenzo Sbaraglio, oltre cinquanta opere, molte delle quali provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo e da molti musei e chiese toscane, che vengono a colmare una carenza di studi da tempo avvertita nell’ambito degli studi storico artistici.

A spingere nella direzione di questo grande evento espositivo che per la dimensione scenografica dell’allestimento si è avvalso del progetto dell’architetto Piero Guicciardini, un riposizionamento critico dell’artista per un suo riconoscimento non secondario tra i maestri dell’Umanesimo tardogotico, Lorenzo Ghiberti, Gherardo Starnina, Paolo Uccello, Masolino da Panicale, Masaccio,  le cui opere sono  sono in mostra nella prima sala, e che è la felice conseguenza della mostra “Bagliori dorati” svoltasi agli Uffizi nel 2012.  Per lungo tempo riferito a un ipotetico Maestro dell’Annunciazione di Brozzi, il trittico oggi conservato nel Museo di San Donnino a Campi Bisenzio sarebbe l’opera più importante e più antica, risalente al 1410 e che già risente degli influssi di Gherardo Starnina. Ma nel corso del terzo decennio del Quattrocento è forte l’interpretazione degli spunti dati dalla pittura masaccesca come nel polittico che aveva al centro la Madonna con il Bambino in trono conservata al Fitzwilliam Museum di Cambridge, purtroppo non concessa in prestito,  ai lati i santi Giovan Battista e Pietro, Paolo a San Francesco d’Assisi provenienti dal Museo Bandini e la predella con numerose storie che si riferiscono alla vita di San Pietro e a quelle degli apostoli conservata agli Uffizi.

Predella che, come argomentato nel suo saggio in catalogo, secondo la storica dell’arte Annamaria Bernacchioni sarebbe stata realizzata prima del 1424, “ …una proposta di definizione cronologica – come afferma Angelo Tartuferi nel suo saggio Tra genio e sregolatezza – che esercita un riflesso di importanza cruciale nell’ambito dell’indagine su questo artista estroso, che per molti aspetti risulta ancor oggi sfuggente agli studiosi che perseguono la migliore conoscenza della sua tecnica pittorica  e una convincente ricostruzione del suo percorso stilistico. Un esame più attento e approfondito dei suoi modi pittorici – prosegue Tartuferi – favorito anche dai restauri condotti appositamente per la mostra, offre un ampio registro di constatazioni: all’interno della stessa opera può capitare infatti di passare da brani caratterizzati da una forte compattezza di stesura pittorica, degna della migliore tradizione trecentesca, ad altre parti dove si resiste a malapena alla tentazione di indicare una vera e propria trascuratezza”.

Come accaduto per molte opere in mostra, come ad esempio il Trittico di Rosano, la grande Incoronazione della Vergine e quattro santi che fa parte del patrimonio della Galleria dell’Accademia è stata per l’occasione sottoposta a restauro recuperando i suoi valori disegnativi e pittorici, mentre la tenera Madonna col Bambino che mostra la vicinanza con la pittura di Masolino, conservata per molti anni alla Certosa del Galluzzo entrerà a far parte della collezione dell’Accademia. Nell’ultima fase della sua produzione l’artista riesca a coniugare la grande tradizione trecentesca con i moduli rinascimentali correnti come L’Annunciazione e quattro santi commissionato dalla badessa Caterina da Castiglionchio nel 1434 per la Badia di Rosano, la pala per la Chiesa di San Salvatore a Monte raffigurante la Madonna col Bambino, sei santi e una donatrice. “ Siamo i primi dopo cinquecento anni a dedicare una mostra monografica a Giovanni da Ponte – ha detto la direttrice della Galleria dell’Accademia Cecile Hollberg in occasione della presentazione alla stampa– e immagino che anche per i prossimi anni sarà l’unica, per questa occasione volevo qualcosa di completamente diverso, continuare sulla linea della ricerca ma con un allestimento che mettesse in evidenza il contrasto della luce e abbiamo accolto la proposta di questa grande scenografia con l’uso del velluto nero che fa rivivere le opere d’arte. Molti i restauri, come un’opera proveniente dal Museo Horne, era importante metterla in confronto con la nostra collezione, molte le chiese toscane che ci hanno prestato le loro opere, nel complesso abbiamo avuto molte opere in prestito, nonostante le opere del ‘400 siano molto delicate e per questo siamo grati ai prestatori. Anche il catalogo è particolarmente curato, in nero e oro, la prima monografia che è stata divisa in tre parti, i saggi interdisciplinari degli studiosi, le schede per ogni opera in mostra, il regesto delle opere complete, in sintesi una mostra in forma di libro che ognuno potrà portarsi a casa. E’ stata una grande fatica fare una mostra di questo tipo, visto che siamo sempre sotto organico del 40% e con questa occasione annuncio che le nostre mostre saranno sempre nel mese di novembre, stiamo già lavorando per quella del prossimo anno, in modo da valorizzare quello che conserva il museo”.

“ A questa mostra ho iniziato a pensare nel 2012 – ha detto Angelo Tartuferi – al tempo della mostra agli Uffizi, nel mio saggio segnalai la necessità di un riposizionamento critico di Giovanni dal Ponte, sino ad allora rimasto in ombra. Per troppo tempo reinterpretato in maniera riduttiva rispetto a Masaccio, Donatello, Brunelleschi che portarono avanti la rivoluzione. Secondo me va interpretato come il più precoce e letterale interprete delle novità masaccesche, poi in seguito sembra tradire il suo exploit e nell’ultima fase predilige gli schemi tradizionali, il catalogo poi è stato concepito per  offrire molti spunti di interpretazione e materia di ragionamento, in futuro ci sarà anche un convegno all’Università di Firenze in cui saranno analizzate alcune tematiche sollevate dalla mostra.” L’ultima sala è dedicata ai grandi polittici, ci da l’idea di quanto Giovanni dal Ponte sia un pittore molto richiesto e questa mostra rappresenta una sorta di risarcimento, il valore che ha avuto, per noi ha rappresentato una sfida. Chi era, la qualità delle sue opere , nella Firenze dei primi decenni del ‘400. Non sono convinto – prosegue Lorenzo Sbaraglio curatore insieme ad Angelo Tartuferi e direttore della Villa Medicea di Poggio a Caiano – che la data del Polittico di San Pietro sia stata dipinta nel 1424 – lo studioso infatti propone il 1434 come ipotesi di datazione- La ricerca è un valore aggiunto della mostra, il formarsi di un’idea e la sua argomentazione, proseguire sul filo della ricerca come chi ci ha preceduto come Luciano Bellosi e Miklòs Boskovits, due studiosi che non ci sono più”.

 

 

 

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